

Relazioni 50° Palio Santa Giustina - Settembre 2018
LAUDATO SI' MI' SIGNORE, per sora nostra matre terra.

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La 50ª edizione del Palio di S. Giustina avrà come tema il richiamo che Papa Francesco
esprime nella Sua enciclica «Laudato si’» per renderci consapevoli del grande dono
del creato, ovvero della natura nella sua totalità, che noi uomini abbiamo ricevuto da
Dio ma che non abbastanza ci adoperiamo per preservarlo dai pericoli che il nostro
comportamento provoca, minandone la sua bellezza e persino la sua esistenza.
Come si può immaginare il tema è molto vasto e il rischio è quello di trattarlo in modo
semplicistico o più banalmente di rappresentare una delle ideologie oggi in voga senza
uno studio approfondito e ponderato.
Si spazia dall’argomento dell’inquinamento, a
quello della mancanza di risorse per tutti i popoli, al compulsivo istinto al consumo dei
beni per il proprio “star bene”.
L’appello del Papa è quello di proteggere la nostra “casa comune” preoccupandosi di
unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile, consapevoli che
il Creatore non ci abbandona perché non vuole rinunciare al Suo progetto di amore
verso l’uomo.
In questa grande, urgente e bella sfi da, tutti possiamo collaborare come strumenti di
Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie
iniziative e capacità.
il carro che apre la sfilata ricorda il martirio di Santa Giustina nella foto il carro 2016.
A prima vista il brano della Genesi (capitolo 11, 19) riguardante la Torre di Babele sembrerebbe poco inerente al
tema trattato dall’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco.
L’idea di un unico progetto che spinge gli uomini ad erigere una torre fi no al cielo ed oltre, quasi a sfi dare Dio, apparentemente
unisce un popolo nella sua impresa. Tuttavia, la sola “lingua” che parlano gli artefi ci della torre, altro
non è che il simbolo di un’unità obbligata e artifi ciosa, una globalizzazione forzata.
E allora perseverare nella realizzazione
di questa imponente opera può ritorcersi contro la stessa umanità e contro tutto il creato: avere un’unica
idea di sviluppo, magari imposta da chi fa la voce più grossa, non porta il bene di tutti ma inevitabilmente introduce
disparità, ingiustizie, forme di intolleranza e danni al nostro pianeta.
Questa interpretazione è rappresentata sul
carro tramite una torre posta al contrario, la cui costruzione non si erge verso il cielo, ma verso il basso e gli inferi,
divenendo, così, simbolo dell’autodistruzione del genere umano.
Sopra la torre sta l’uomo borioso, che, sfidando
Dio, si è posto su un piedistallo, pensando di sostituirlo nella conduzione del creato. Come esemplificazione della
dannosità di tale atteggiamento sono presenti tre balze della torre: una richiama la guerra, una l’esagerata cementifi
cazione e l’ultima l’inquinamento.
Nel brano biblico, però, l’intervento di Dio che ripristina la diversità delle lingue,
tanto da minare la riuscita del progetto della torre di Babele, intende sottolineare come la vera ricchezza sia la
molteplicità, la varietà a tutti i livelli: ogni persona, proprio perché diversa da tutte le altre, è un dono prezioso, così
come le culture dei diversi popoli e le biodiversità.
Questo comportamento è mostrato dalle figure davanti al carro,
che, pur trovandosi in una condizione di diffi coltà, danno possibilità di espressione ad ogni elemento della molteplicità
umana e naturale, rappresentata da un vortice nel quale elementi umani, animali e vegetali sono rispettati e
preservati nella loro diversità.
Ne sono testimonianza i frammenti di vetri colorati che nella Torre di Babele sono resi
tutti dello stesso colore, mentre dall’altra parte sono liberi di dare origine ad astratte figure colorate.
Interessante il collegamento che molti esegeti suggeriscono con l’episodio della Pentecoste, dove i discepoli, pieni
di Spirito Santo, cominciarono a parlare in altre lingue.
Il Creato è ciò che Dio ha posto nelle mani dell’uomo per compiere il proprio destino, il mezzo fisico
che l’uomo detiene per essere tale, come Dio lo ha inteso.
Gli Atti concepiscono il Creato come Cristo
stesso, infatti nella lettera di San Paolo ai Colossesi Cristo risorto è presente in tutte le creature del
mondo e viene preannunciata la Parusia.
Il Nuovo Testamento non parla solo del Gesù terreno, ma anche del suo rapporto concreto e amorevole
(vedi Laudato sì) con il mondo.
Questa relazione con il Creato culminerà appunto nella Parusia, ovvero il ritorno del Cristo in tutta la
sua gloriosa potenza e pronto al giudizio fi nale degli uomini, eliminando, secondo San Paolo, il male.
Il
contesto biblico ci ha suggerito di rappresentare la civiltà umana attraverso uomo e donna all’interno
del Creato, cioè i quattro elementi della Terra: aria, acqua, fuoco e terra.
I colori avranno particolare
rilevanza insieme ad altri esseri viventi che compongono il Creato e che attendono con gioia la seconda
venuta di Cristo.
Nel corteo verrà evidenziato il modo in cui l’uomo ha deciso di sfruttare il Creato: i 7 vizi capitali.
Rioni Dante - Camuzzago
RICERCARE LA SOSTENIBILITÀ
CAINO E ABELE: LO SCONTRO FRA MODELLI DI SVILUPPO
Osservare la natura, comprenderla e vivere in armonia con essa. Questo è il cammino che ci viene suggerito da papa
Francesco. L’uomo ha la capacità, ricevuta in dono, di trasformare l’ambiente, piegarlo ai propri bisogni per crescere
nella consapevolezza del nostro ruolo nel mondo.
Quando mettiamo davanti a noi solo i nostri interessi, ci avviamo ad uno scontro inevitabile con la natura ed il creato.
Quando diventiamo idolatri della capacità umana di risolvere le cose, creiamo delle mostruosità che possono avere a
volte rifl essi ed infl uenze negative per molte generazioni a venire.
Come Caino, il pastore, che non riesce ad accettare che Abele l’agricoltore riesca meglio di lui a gestire il rapporto
con il creato di cui era chiamato a prendersi cura per portarlo a crescere in modo fecondo. Perciò incolpa il fratello dei
propri fallimenti e lo uccide.
L’uomo intraprendente, che osserva il creato e lo fa evolvere in modo sostenibile, curando ciò genera e porta ricchezza
per tutti è gradito a Dio. Eventuali errori verranno perdonati per la volontà di guardare lontano e di comprendere
l’armonia del mondo per vivere in sintonia con essa.
Giacobbe è l’altro emblema di questo modello di vita, questa volta rappresentato nel corteo.
Un uomo che nella sua
storia ha governato la creazione, fi no a sfi darne il creatore e diventare fondatore e modello del popolo di Israele.
“Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale dell’esperienza cristiana” (LS 217).
Guardando il carro, la prima immagine sono delle colline coltivate. Su di esse poggia un mondo
abitato da esseri umani con comportamenti diversi, e realizzato anche con specchi che ci fanno
diventare parte integrante della scena.
Da esso partono delle radici che generano i frutti della
terra, frutti buoni e dannosi; essi dipendono dalle nostre scelte.
Una particolare pianta attira l’attenzione di un bambino: come possiamo amare il creato? Partendo
dall’esempio di Gesù: dal suo continuo stupore per la bellezza del mondo, fi no all’estremo atto
d’amore di donare un pezzo di pane, il suo corpo, a Giuda, colui che lo tradirà (Gv 13, 26).
Solo se amati, il nostro cuore saprà scegliere di prendersi cura dell’ambiente.
Infine, un altro bimbo guarda con curiosità e preoccupazione la situazione attuale del creato.
Il corteo, richiamando la teoria dei “neuroni specchio”, vuole invitarci a rifl ettere sulle nostre
abitudini. Alcuni specchi al centro del corteo rifl ettono i diversi comportamenti umani: alcuni buoni
che portano frutto, altri che portano invece distruzione. A noi la scelta di trovare nuovi modelli
da seguire.
Papa Francesco ci ricorda come la terra stia soffrendo a causa delle nostre scelte,
quando, invece, ci è stata donata come giardino da custodire (Gen. 2,15). Di qui, l’urgenza di una
conversione ecologica: «Dobbiamo fare l’esperienza di una conversione, di una trasformazione del
cuore» (LS 218).
Rioni S.Martino - Garibaldi
QUANDO NON BASTA UNA ROSA...
LA RICERCA DELLA PACE E DELLA GIOIA NEL CREATO
[LAUDATO SÌ, CAP 6, PUNTO IV]
C’erano sempre stati sul pianeta del piccolo Principe dei fi ori molto semplici, ma da quel seme - misteriosamente
trasportato dal vento - sbocciò un giorno un fi ore bellissimo, diverso da tutti gli altri.
«Il mio fi ore profumava il mio pianeta, ma non sapevo rallegrarmene» - diceva il piccolo principe -
«... ero troppo giovane per saperlo amare».
Papa Francesco nell’enciclica Laudato Sì condanna apertamente l’odierna smania di accumulo e di
consumo che ci rende incapaci di apprezzare i doni che Dio ci ha fatto.
Il Papa sottolinea infatti che
“rendersi presenti serenamente davanti ad ogni realtà, per quanto piccola possa essere, ci apre
molte più possibilità di comprensione e di realizzazione personale” (LS, 6, IV, 222).
Dobbiamo quindi fare nostro il principio del “less is more”, ovvero della sobrietà, della virtù di
godere con poco.
«Gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino... e non trovano quello che cercano».
Questo era il cruccio del piccolo Principe.
La soluzione?
Essere “pienamente presenti davanti ad ogni essere umano e davanti ad ogni creatura” (LS, 6, IV, 226).