

Programma 41° Palio Settembre 2009
tema: Paolo l'Apostolo delle Genti
» Cantone - San Nazzaro » Dante-Camuzzago » Castello » San Martino-Garibaldi » Bergamo
il carro che apre la sfilata ricorda il martirio di Santa Giustina.
Il racconto della chiamata di Saulo sulla via di Damasco è uno dei più conosciuti degli Atti degli
Apostoli. Si tratta di un momento tanto cruciale nella vita dell' "Apostolo delle Genti"
da essere narrato per ben tre volte negli Atti, due delle quali per bocca dello stesso Paolo.
Il racconto di vocazione è un genere letterario molto utilizzato nella Bibbia, in particolar modo
per il profetismo nell'Antico Testamento.
Così come per i profeti, anche per Paolo la vocazione non è un evento come un altro, ma viene a
costituire per lui una sorta di nuovo DNA, va a stabilire un forte intreccio tra la sua
storia personale e il messaggio di cui diviene portatore. Due sono quindi gli aspetti da tenere in
considerazione, che sono stati riportati sul carro: la vocazione e la conseguente
conversione. Paolo è l'unico personaggio presente sul carro.
E colto nel momento dell'incontro con quella luce di cui ci parla il brano biblico, Gesù. A livello
scenografico si è voluto ricreare una sorta di scultura di luce, formata da tre prismi
sovrapposti, di giorno molto chiari grazie alla tela ed ai colori pastello e di sera illuminati
dall'interno.
Le facce di tela bianca dipinta vogliono ripercorrere i vari aspetti di quell'unico
evento che è la chiamata: nelle sei facce che si rivolgono verso Paolo sono riportati, mediante
l'utilizzo di simboli, tutti quegli elementi propri della sua vocazione personale: la luce,
tratto caratteristico delle teofanie; la voce, presenza di colui che resta invisibile e che solo
Paolo riesce ad udire, segno di una chiamata che è per ognuno differente e personale;
il nome di Saulo, il duplice vocativo che Cristo chiama e che colloca Saulo nella tradizione dei
patriarchi; gli occhi, simbolo della cecità temporanea di Paolo che diventa il primo
passo della sua missione per "far aprir loro gli occhi"; Damasco, la città verso cui Paolo è in
cammino; il volto di quel Gesù storico che si fa presente e che si fa incontrare da Paolo nelle
persone perseguitate.
Nelle sei facce opposte
sono invece dipinti i simboli di ciò che quell'incontro porterà Paolo ad essere:"egli è per
me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli (le colonne greche), ai re
(la corona) e ai figli d'Israele" (il candelabro a sette braccia); la nave, per ricordare i suoi
tre viaggi; la pergamena, per le molte lettere scritte alle prime comunità cristiane; la daga,
segno del martirio per decapitazione. L'ultimo elemento presente sul carro è la strada.
Rappresentata da una grossa parabola sostenuta da pilastrini di ferro è simbolo della storia di
Saulo e del suo cammino da persecutore ad Apostolo delle genti: durante il suo
sviluppo sul carro diviene, da strada sterrata di terra battuta, una strada lastricata antica
come quelle della Grecia ai tempi di Paolo.
Questo brano presenta il momento culminante del primo viaggio di Paolo, in cui ci viene presentata
una sintesi della predicazione ai Giudei di Antiochia.
Siamo in una sinagoga in un giorno di sabato, e,"dopo la lettura della legge e dei profeti", Paolo
viene invitato a commentare il brano. L'apostolo ripercorre la storia del popolo di Israele a
partire dalla liberazione dall'Egitto e mette in evidenza la mano di Dio che guida la storia degli
uomini e li accompagna alla salvezza con la sua Misericordia.
La storia della salvezza è la storia di un popolo che si affida alla guida di Dio attraverso alcuni
protagonisti, che Paolo non esita a definire mandati da Dio: da Mosè di cui Dio si
servì per liberare gli ebrei dalla terra d'Egitto, al re Davide fino a Gesù Cristo in cui si compie
la promessa di salvezza per tutto il genere umano.
II carro rappresenta Paolo in piedi sopra un enorme mappamondo - a significare che il suo annuncio
è rivolto a tutti gli uomini - mentre narra la storia della salvezza: da Abramo
(raffigurato in cima alla montagna accanto al figlio Isacco), passando per Mosé (rappresentato con
le tavole della legge tra le braccia), fino a Davide (vicino all'Arca dell'Alleanza), e indica
nella passione e morte di Gesù Cristo il culmine e il compimento della storia della salvezza
promessa a tutti i popoli
Il corteo prende spunto dalla ricorrenza del cinquantesimo anniversario della consacrazione
dell'italia al Cuore Immacolato di Maria (13 settembre 1959) per sottolineare la speciale
devozione dell'italia alla Madonna, quale risposta della fede di un popolo all'amore di Dio.
Fu Giovanni XXIII, l'uomo scelto da Dio a guidare la Chiesa di quegli anni, che volle questo atto di
devozione e affidamento che venne preparato da una grandiosa "Peregrinatio Mariae"
nazionale. In cinque mesi la statua della Madonna di Fatima percorse tutta la penisola,
raggiungendo più di cento città, capoluoghi di provincia e altre importanti località, attirando
sempre
a sé folle smisurate che manifestavano così alla Vergine la loro accoglienza e la loro devozione.
Al termine di quel grandioso pellegrinaggio, a Catania, al termine del Congresso Nazionale
Eucaristico, i Vescovi Italiani compirono l'atto solenne di consacrazione alla presenza di 400
mila persone accorse da tutta l'Italia.
L'episodio si svolge a Filippi, colonia romana della Macedonia, dove Paolo battezza Lidia,
una commerciante di porpora, insieme alla sua famiglia, costituendo la prima comunità
cristiana d'Europa.
Una giovane schiava sfruttata come indovina segue Paolo e Sila gridando: "Questi uomini sono servi
dei Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza". Dopo alcuni giorni, mai
sopportandone la presenza, Paolo si volge alla donna e dice allo spirito: "In nome di Gesù Cristo
ti ordino di partire da lei".
I suoi padroni, avendo perduto la fonte del loro guadagno, accusano Paolo e Sila di gettare
disordine in città, di essere Giudei e di predicare usanze non lecite. Nel clima vigente
di avversione verso gli ebrei, la folla insorge contro di loro e i magistrati ordinano di
bastonarli e imprigionarli, raccomandando al carceriere di far buona guardia. Durante la notte,
mentre Paolo e Sila pregano cantando inni a Dio, si verifica un terremoto miracoloso, così forte
da scuotere le fondamenta della prigione, aprirne le porte e sciogliere le catene di tutti.
Il carceriere si sveglia e credendo i prigionieri fuggiti, estrae la spada per uccidersi.
Ma Paolo interviene: "Non farti del male, siamo tutti qui". La guardia allora si getta ai piedi
di Paolo
dicendo: "Cosa devo fare per esser salvato?". "Credi nel Signore' Gesù e sarai salvato tu e la
tua famiglia". Il carceriere accoglie la Parola e subito si fa battezzare con la sua famiglia.
Il corteo rappresenta la prima ecclesia europea e l'antefatto della predicazione di Paolo con
l'interferenza dell'indovina.
La parte frontale del carro propone la prigione squassata dal terremoto e il momento in cui la
guardia chiede come salvarsi. Il cancello aperto della prigione è per lui, come Damasco
fu per Paolo, la via della conversione, l'inizio di una vita nuova, dell'uomo nuovo.
La scenografia cambia e sul retro rivela la scena del battesimo del carceriere e della sua famiglia,
ambientato in una grotta sul fiume.
San Paolo stesso dice: "Dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente
e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (Ef 6,20-24).
Ed ecco le parole dell'omelia del Papa a chiusura dell'anno paolino: "Con la parola circa il diventare
nuovi, Paolo allude alla propria conversione: al suo incontro col Cristo risorto:
«Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di
nuove» (Cor 5, 17). Egli è diventato nuovo, un altro, perché
non vive piu per se stesso e in virtu di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Diventiamo nuovi, se
ci lasciamo afferrare e plasmare dall'Uomo nuovo Gesù Cristo.
Egli è l'Uomo nuovo per eccellenza. In Lui la nuova esistenza umana è diventata realtà, e noi
possiamo veramente diventare nuovi se ci consegniamo alle sue mani e da Lui ci
lasciamo plasmare. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo."
Nel suo Secondo Viaggio, Paolo giunge ad Atene e viene condotto all'Areòpago perché gli ateniesi
erano curiosi di ascoltare la sua predicazione. Paolo coglie la loro spontanea religiosità
come profezia del vero Dio e analogamente la loro sete di sapere come il germoglio su cui innestare
il messaggio di verità e giustizia che la morte, la risurrezione e la parusia di Cristo
introducono nel mondo. L'annuncio all'Areòpago, essendo la Grecia culla della cultura antica,
diventa simbolo dell'incontro del Vangelo, del kerygma cristiano della Risurrezione di Cristo,
con la cultura umana.
Paolo agisce in un humus culturale noto e condiviso dai gentili e trova nella razionalità della
speculazione filosofica un punto di contatto, ma quando fa appello alla conversione nel
nome del Risorto, gli ateniesi smettono di ascoltarlo e gli voltano le spalle.
Il corteo rappresenta la missione evangelizzatrice di Paolo: degli ateniesi convertiti seguono i
quattro evangelisti, autori umani della Parola, ispirati da Dio e non portatori di una propria
verità.
Nella parte anteriore del carro, Paolo in piedi annuncia colui che gli ateniesi adorano senza
conoscerlo. L'Areòpago, o collina di Ares, centro culturale elitario della città e il simbolo della
fatica del pensare dell'uomo, dell'esercizio delle sue facoltà razionali, è rappresentato da una
statua del dio Ares e dall'effige di una civetta, emblema di Atena, dea protettrice della città
e della saggezza. La scena è chiusa da due alberi, simbolo del Vecchio e del Nuovo Testamento, e
nel mezzo campeggia una croce senza Cristo, immagine della Resurrezione di Gesù dopo
la morte.
Nella parte posteriore un uomo davanti ad una parete nera è vincolato a dei personaggi che si
trovano dietro il carro. L'uomo incatenato rappresenta la condizione universale dell'umanità
di ogni tempo che, se si affida solamente sulla propria ragione ed esclude la verità rivelata, si
pone in un vicolo cieco nel quale ogni alternativa è uguale ad un'altra I personaggi ai piedi
del carro raffigurano gli ostacoli che si frappongono tra l'uomo e una ragione disponibile ad
aprirsi al mistero della trascendenza.
Sulle sponde sono raffigurati i quattro elementi della Natura che gli ellenici ritenevano essere
alla radice di tutte le cose.
L'uomo che cerca la verità del suo essere è il nucleo generatore della cultura stessa, ed è
proprio in questo nucleo che si genera la possibilità dell'incontro fra Vangelo e cultura umana,
un incontro che fallisce quando la ragione rimane chiusa nella sua orgogliosa autosufficienza.
Gli ateniesi voltano le spalle a Paolo perché non possono credere allo «scandalo»
di un Dio che per amore entra nella nostra storia e si fa uomo, morendo e risorgendo per noi.
Gli ateniesi sono disposti a discutere di ogni cosa, ma non sono pronti e aperti a mettersi
in discussione, perché, come spesso accade anche a noi, accettano soltanto un Dio fabbricato
su misura, a proprio uso e consumo, che risponda alle loro esigenze e sia afferrabile
dalla loro ragione.
Paolo, "conquistato da Cristo" sulla via per Damasco, si afferma come autorevole predicatore
del rivoluzionario messaggio evangelico, secondo cui Cristo doveva patire e risorgere dai
morti per la salvezza del popolo giudaico e dei pagani.
Capisce dunque che "l'uomo non è giustificato dalle opere della Legge, ma soltanto per mezzo
della fede in Gesù Cristo" (Gai 2,16). "Essere giustificati", resi giusti, significa essere accolti
dalla giustizia misericordiosa di Dio, ed entrare in comunione con Lui, e di conseguenza poter
stabilire un rapporto molto più autentico con tutti i nostri fratelli.
Nel capitolo 27 degli Atti degli Apostoli si narra del viaggio in nave di San Paolo da Gerusalemme
a Roma, dove si reca per esercitare il suo diritto di cittadino Romano di difendersi
davanti all'imperatore dall'accusa di turbare l'ordine pubblico con l'annuncio di salvezza
manifestato dalla morte e risurrezione di Gesù Cristo.
Durante la traversata, le "forze del male" tentano di impedire l'adempimento della volontà di Dio,
secondo la quale:"Bisogna che tu mi renda testimonianza anche a Roma" (Atti 23,11).
Invece, a motivo e per la presenza di Paolo, il prigioniero, il più insignificante della compagnia,
"tutte le persone sulla nave saranno salvate".
Per essere salvi occorre "rimanere tutti nella nave": è Dio che salva e non le nostre forze; sono
inutili o dannosi tutti i tentativi di governare la nave o prevenire le avverse condizioni
del mare operate secondo la logica umana. Ogni sforzo è vano e la fine sembra imminente; i soldati
sono sul punto di uccidere i prigionieri come viene loro imposto dalle regole marziali
nell'imminenza di un naufragio.
Il prigioniero, il più piccolo, il perseguitato diventa la vera guida del gruppo alla deriva. Paolo
rimprovera "gli uomini" perché hanno fatto una scelta sbagliata, si sono affidati solo alle
proprie forze. Esorta a stare di buon animo nella tragedia, rende grazie e mangia il "pane spezzato"
davanti a loro.
Ciò che conta è porre al centro della propria vita Gesù Cristo, sicché la nostra identità sia
contrassegnata essenzialmente dall'incontro, dalla comunione con Cristo e con la sua Parola.
Alla sua luce ogni altro valore viene recuperato e insieme purificato dal grigiore della vita che
solo confida nella forza umana.
La nave, comunità dei credenti, diviene così la Chiesa, il corpo di Cristo, per riverberare nel mondo il Vangelo: le nostre azioni non ci porteranno alcun merito, la salvezza è un dono
che riceviamo per Grazia.
Il messaggio è universale, vale per gli ebrei come per i pagani senza distinzione. Lo Spirito di Cristo soffia dalla croce/albero della nave e gonfia le vele del viaggio di conversione
cui ciascuno di noi è Chiamato.
La luce della Parola arriva a chi l'ascolta e si lascia cambiare da essa; al centurione romano Giulio, che con il suo intervento impedisce che Paolo e i prigionieri siano uccisi, così come agli
altri passeggeri ebrei o gentili.